Anno 2000 - Numero 2 (aprile)


  1. Il mistero pasquale
  2. Le quattro stagioni della Pasqua
  3. Come incontrare il Signore nella liturgia pasquale
  4. Una parola per te


Il mistero pasquale

Mosè convocò tutti gli anziani d'Israele e disse loro: "... Allora i vostri figli vi chiederanno: Che significa questo atto di culto? Voi direte loro: È il sacrificio della pasqua per il Signore, il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto, quando colpì l'Egitto e salvò le nostre case" (Es. 12,26-27).

Questa domanda è importante perché ci permette di scoprire l'evento di salvezza che è all'origine della Pasqua e diventa per noi oggi uno strumento prezioso per arrivare a comprenderne sempre meglio il mistero:

La Pasqua cristiana deriva dalla Pasqua giudaica, ne è la successione, la continuità. Il concetto è spiegato da Melitone di Sardi:

"La Legge si è fatta Vangelo;
l'antico si è fatto nuovo
la figura è diventata realtà;
l'agnello è diventato il Figlio".


L'anno giubilare ci invita a vivere in maniera sempre più profonda e cosciente le feste liturgiche. Sorge allora una domanda: Come incontrare il Signore nella liturgia pasquale?

Padre Raniero Cantalamessa ha tentato di darne risposta durante le sue riflessioni tenute alla Casa Pontificia come Predicatore Apostolico.
Ci lasceremo quindi aiutare da alcune sue considerazioni tratte da uno dei suoi libri più famosi: Il mistero pasquale.

Che il Signore ci conceda quest'anno di fare nostre con verità le parole della liturgia pasquale ebraica:

"Egli ci ha fatti passare: dalla schiavitù alla libertà, dalla tristezza alla gioia, dal lutto alla festa, dalle tenebre alla luce, dalla schiavitù alla redenzione.
Perciò diciamo davanti a lui: ALLELUJA ! (Pesachim X,5)

Le quattro stagioni della pasqua
  1. La Pasqua dell'Esodo, cioè il passaggio salvifico di Jahvè nella notte dell'uscita dall'Egitto (Esodo 12,1-14).
  2. La Pasqua liturgica d'Israele, vale a dire la rievocazione e attuazione annuale del passaggio di Jahvè, arricchita del ricordo di tutti gli altri innumerevoli interventi salvifici di Dio nella storia del popolo eletto (Dt. 16, 1-8).
  3. La Pasqua di Cristo, cioè - secondo il Nuovo Testamento - la sua immolazione, o come sembra definirla una volta Giovanni "il suo passaggio da questo mondo al Padre" (Gv. 13,1) attraverso la passione e la risurrezione.
  4. La Pasqua della Chiesa, che rinnova annualmente, ma anche settimanalmente e quotidianamente, la Pasqua di Cristo "fino al giorno della sua venuta" (1 Cor. 11,26).

Come incontrare il Signore nella liturgia pasquale

I Padri ci hanno lasciato dei modelli di celebrazioni liturgiche vibranti di fede e di fervore che possono aiutarci a mettere nuova vita nelle nostre celebrazioni e fare di esse un vero incontro comunitario con il Signore risorto.
Come fare di una liturgia - e, in particolare, della liturgia pasquale - un incontro con il Signore morto e risorto per noi, vivente oggi nella Chiesa con il suo Spirito? Attraverso gli scritti dei Padri emerge una singolare esperienza spirituale: quella dell'epifania cultuale di Cristo. Si tratta di una manifestazione così forte e viva del Signore durante il culto, specie durante la veglia pasquale, da far dire ai fedeli, al termine dell'assemblea, ciò che dissero i discepoli dopo la risurrezione: Abbiamo visto il Signore! (Gv 20,25).
In una celebre omelia pasquale del II secolo, a un certo punto, il vescovo smette di parlare lui e presta la sua voce al Risorto che si rivolge, in prima persona, all'assemblea, come fece nel cenacolo la sera di Pasqua:

"Sono io - dice - il Cristo.
Sono io che ho distrutto la morte...
che ho trionfato del nemico.
Orsù, dunque, venite, voi tutti
popoli della terra, immersi nei peccati:
ricevete la remissione dei peccati.
Sono io, infatti, la vostra remissione,
sono io la Pasqua della salvezza"


(Melitone di S., Sulla Pasqua, 102-103).


Si capisce come S. Ambrogio abbia potuto dire: "Tu ti sei mostrato a me, o Cristo, faccia a faccia. Io ti ho incontrato nei tuoi sacramenti". L'Exultet pasquale, con al centro quel grido di giubilo che comincia con le parole: "O felix culpa!", ci dà un'idea di come dovevano essere queste antiche celebrazioni pasquali, quanto entusiasmo e quanta speranza erano capaci di suscitare tra i fedeli.
Ascoltiamo S. Agostino durante una veglia pasquale: "Quanta gioia, fratelli! Gioia nel trovarvi riuniti insieme; gioia nel cantare i salmi e gli inni; gioia nel ricordo della passione e della risurrezione di Cristo; gioia nella speranza della vita futura. Se tanta letizia dà la semplice speranza, che sarà il possessso? In questi giorni, al sentire risuonare l'Alleluia, il nostro spirito è come trasfigurato. Non ci sembra di gustare un non so che di quella città superna?" (Ser. Morin-Guelf, 8, 2: PLS, II, 557).
Qual era il segreto di questa straordinaria forza dei riti? La fede e la santità dei pastori. Tuttavia, miserie ce n'erano anche allora, e non tutti i vescovi erano santi o poeti. Come mai allora? È che facevano una parte molto grande all'azione dello Spirito Santo, luce dei riti, anima della liturgia. Di Melitone di Sardi, già ricordato più volte, si legge che in tutto "agiva nello Spirito Santo" (in Eusebio, Storia eccl. V, 24, 5). San Basilio dice che lo Spirito Santo è il luogo della dossologia, cioè il luogo ideale, o il tempio, dal quale soltanto è possibile contemplare Dio e adorarlo "in Spirito e verità"; egli è "il maestro di coro" di coloro che cantano le lodi di Dio; è colui che "corrobora" la Chiesa durante il rito, perché possa stare degnamente davanti al suo Signore.
Gesù risorto "vive per lo Spirito" (1 Pt 3,18); solo lo Spirito Santo, perciò, può renderlo presente e far sì che si manifesti dietro i riti e le parole. Solo lo Spirito Santo può far cadere il velo dagli occhi e dal cuore e far riconoscere Gesù mentre si parla di lui e si spezza il suo pane. Uscendo dall'assemblea liturgica, è lui che spinge a tornare tra i fratelli, come fecero i discepoli di Emmaus, e a dire ad essi: Gesù è vivo! L'abbiamo riconosciuto nello spezzare il pane!
Che cosa impedisce che lo Spirito Santo sia anche oggi la guida invisibile dei riti, al quale gli occhi di tutti siano fissi, più ancora che alla guida esteriore del cerimoniere? Che cosa impedisce di sperare che si possa rinnovare nella Chiesa di oggi quel miracolo della liturgia di farci incontrare il Cristo risorto vivente con il suo Spirito nella Chiesa?
Ma le condizioni essenziali per quel miracolo sono tuttora presenti nella Chiesa. Anzi, esse sono migliori oggi che non nel passato, dopo che la riforma liturgica ha riportato i riti pasquali allo splendore e alla semplicità della loro forma primitiva e alla lingua del popolo.
Occorre solo mettere in questi "otri nuovi" che sono i riti rinnovati della Pasqua, il vino sempre nuovo della fede e dello Spirito Santo.
Che il Signore ci conceda, quest'anno, di poter esclamare anche noi, uscendo dai riti della Pasqua, quello che dissero i primi discepoli a Tommaso assente: "Abbiamo visto il Signore!".

Una parola per te

E vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli.

Vidi un angelo che proclamava a gran voce: "Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?" Ma nessuno né in cielo né in terra, né sotto terra era in grado di aprire il libro e di leggerlo:

Io piangevo molto perché non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo:

Uno dei vegliardi mi disse:
"NON PIANGERE PIÙ; HA VINTO IL LEONE DELLA TRIBÙ DI GIUDA, IL GERMOGLIO DI DAVIDE, E APRIRÀ IL LIBRO E I SUOI SETTE SIGILLI"

(Ap. 5,1-5)