LA VERGINE DI CZESTOCHOWA

 

La città di Czestochowa si adagia a ventaglio su di un falso piano, bagnata dal fiume Warta, lungo la strada che da Katavice porta a Varsavia.
E' un luogo dove la Polonia ha le sue montagne, che si delineano a ghirlanda, i suoi monumenti più gloriosi, la sua campagna piana, erbosa, fronzuta, coltivata a grano, a frumento, con le fave e l'avena.
E' un centro di carattere industriale con i profili aperti, ove il pagliarino dei calcari si confonde con il giallo riarso delle argille. Disseminate qua e là appaiono le miniere di ferro.
Il santuario di Jasna Gora si trova sopra una collina di bianche rocce, nella parte occidentale della città. Per questo ha preso il nome di Jasna Gora, che vuol dire: "Montagna Luminosa".
I polacchi si sono abituati a legare a questo luogo ed a questo Santuario le numerose vicende della loro vita: i vari momenti gioiosi o tristi, specialmente i momenti solenni, decisivi, i momenti di responsabilità come la scelta del proprio indirizzo di vita, la scelta della vocazione, la nascita dei propri figli, gli esami di maturità... e tanti altri momenti. Si sono abituati a venire con i loro problemi a Jasna Gora per parlarne alla madre celeste, che ha qui non solo la sua immagine, la sua effigie - una delle più note e venerate nel mondo - ma che è qui particolarmente presente.
Il convento fu fondato nel 1382 e trasformato nella prima metà del '600 in tale costruzione di difesa tanto che nel 1675 riuscì a respingere l'attacco degli Svedesi.
La cappella della Madonna Nera, vera antologia di stili, è il frutto di continui apporti di fedeli durante i secoli e di tre successivi ampliamenti, fatti per fronteggiare il sempre maggior afflusso di pellegrini. Le strutture portanti conservano ancora l'originario stile gotico, ma su tutti prevale l'aggraziato ornamento barocco. Tra una ridda di luci la Regina della Polonia, con in braccio il Bambino Gesù, guarda e benedice. I suoi occhi ti seguono in modo impressionante in qualunque posizione tu abbia a trovarti. La carnagione del suo volto è scura, sulla guancia destra si notano due graffiature che corrono in parallelo e si allargano poi in basso leggermente. Dalla parte sinistra del capo scendono capelli ondulati, nascosti dal manto.
L'altare della Vergine è di ebano con ricchi ornamenti, donato da George Ossolinski nel 1650. Ai lati le statue d'argento di San Casimiro e San Paolo eremita, fondatore dell'Ordine dei Paolini, custodi del santuario. Nove lampade d'argento, donate da regnanti e governanti, ardono giorno e notte intorno all'icona. Due angeli d'argento di splendida fattura, attribuiti all'orafo di Tour Jan Christian Bierpfaff (1650), provenienti da un altare precedente a quello attuale, vegliano da due nicchie sulla venerata Regina di Polonia. Alla base dell'immagine si può ammirare una piastra d'argento sbalzato, del 1717, che illustra simbolicamente gli omaggi resi alla Madonna Nera da papi, cardinali, vescovi, sacerdoti, re, nobili e da tutto il popolo.
II dipinto della Madonna ha una storia complessa. La tradizione dice infatti che sia stato realizzato da San Luca su di un legno che formava il tavolo adoperato per la preghiera e per il cibo dalla sacra famiglia. L'evangelista avrebbe composto a Gerusalemme due quadri allo scopo di tramandare l'incomparabile bellezza di Maria. Uno di essi, arrivato in Italia, tuttora è oggetto di culto a Bologna, mentre questo, il secondo, dapprima fu portato a Costantinopoli e deposto in un tempio dall'imperatore Costantino. Successivamente fu donato al principe russo Leone, che prestava servizio nell'esercito romano. Egli trasferì l'inestimabile reliquia in Russia dove, per numerosi miracoli, fu intensamente venerata.
Nel corso della guerra intrapresa da Casimiro il Grande, il quadro fu nascosto nel castello di Beltz e finalmente affidato ai principe di Opole. Questi, alla vigilia di una dura battaglia contro le truppe tartare e lituane che assediavano Beltz, aveva invocato la sacra immagine e, dopo la sospirata vittoria, indicò Maria come Madre e Regina.
Si racconta che durante l'assedio un tartaro ferisse con una freccia il bellissimo volto della Vergine dalla parte destra e che, dopo la sacrilega profanazione, una fittissima nebbia, sorta d'improvviso, mettesse in difficoltà gli assedianti. Il principe, approfittando del momento, si gettò con le truppe contro il nemico e lo sconfisse.
Altri documenti assicurano che, terminata l'amministrazione del principe Ladislao nella Russia, il quadro fu caricato su di un carro con l'intenzione di portarlo nella Slesia ma, con lo stupore di tutti, i cavalli, anche sferzati, non si muovevano. Il principe allora ordinò di attaccarne di nuovi, senza però ottenere alcun risultato. Sconvolto, si inginocchiò a terra e promise di trasferire la venerata effigie sul colle di Czestochowa nella piccola chiesa di legno. Questi avrebbe poi innalzato una basilica nel medesimo luogo ad onore di Dio onnipotente, della Vergine Maria e di tutti i Santi e, contemporaneamente realizzato un convento per i frati paolini.
Afferma l'unica cronaca che solo allora i cavalli si misero in viaggio e la miracolosa icona, con grande gioia di tutti, fu deposta nella piccola chiesa di Jasna Gora dove divenne famosa per le numerose grazie.
La storia della taumaturga immagine della Madonna di Czestochowa è stata tramandata da un antico manoscritto, la cui copia del 1474 è custodita nelle raccolte dell'archivio di Jasna Gora.
Nel 1430 alcuni seguaci dell'eretico Giovanni Hus, provenienti dai confini della Boemia e Moravia sotto la guida dell'ucraino Federico Ostrogki, attaccarono e predarono il convento. Il quadro fu strappato dall'altare e portato fuori dinanzi alla cappella, tagliato con la sciabola in più parti e la sacra icona trapassata da una spada. Era la settimana santa: ancora una volta Maria si univa alla passione del Figlio. Il dipinto, gravemente danneggiato, fu trasferito nella sede municipale di Cracovia e affidato alla custodia del Consiglio della città. Re Ladislao Jagellone, che in quel tempo regnava su Polonia, Boemia ed Ungheria, dopo l'incidente stava per intraprendere un'azione di guerra. Furono frattanto arrestati due nobili che avevano partecipato all'assalto, processati nel castello di Cracovia, e condannati alla decapitazione. Così il caso si chiuse. Il quadro, dopo un accurato esame, fu sottoposto ad un intervento del tutto eccezionale per quei tempi, in cui l'arte del restauro era ancora agli inizi.
Il prof. R. Kozlowki ha potuto dimostrare che nell'assalto del 1430 il quadro era stato spezzato in tre parti. La tavola di tiglio su cui poggiava il dipinto fu incollata di nuovo, e i notevoli dislivelli dei singoli pezzi furono levigati. "E' una ricomposizione approssimativa dell'antico dipinto - afferma il professore - con segni della pittura tradizionale medievale e del disegno originale della Madonna, che probabilmente risale al primo millennio; fra l'altro lo stanno ad indicare i riflessi di luce nelle iridi degli occhi di Maria, caratteristici dei pochi quadri ad encausto conservati e dei dipinti sui sarcofagi dei Fayum (I-IV sec.), che rappresentavano modelli per i primi pittori di icone del tardo periodo dell'arte paleocristiana e paleobizantina".
Così del quadro originale rimane soltanto il fondo di legno, riparato e modellato.
I tratti del volto della Vergine che ricordano le cicatrici ricevute nel sacrilego assalto sono stati eseguiti a cesello su tempera e si riferiscono ai tagli sulla tela del dipinto primitivo.

La vergine di Jasna Gora dona anzitutto ai pellegrini la conversione del cuore.

"Quanti problemi avrei dovuto o Madre presentarTi in questo incontro, elencandoli uno ad uno. LI AFFIDO TUTTI A TE, PERCHE' TU LI CONOSCI MEGLIO DI NOI E DI TUTTI PRENDI CURA.
LO FACCIO NEL LUOGO DELLA GRANDE CONSACRAZIONE, DAL QUALE SI ABBRACCIA NON SOLTANTO LA POLONIA, MA TUTTA LA CHIESA NELLE DIMENSIONI DEI PAESI E DEI CONTINENTI: TUTTA LA CHIESA NEL TUO CUORE MATERNO:
La Chiesa intera, di cui sono il primo servitore, Ti offro e affido qui con immensa fiducia, o Madre.
Amen. "

(dall'atto di consacrazione della Chiesa universale alla Vergine di Jasna Gora fatto da Giovanni Paolo II nel suo primo pellegrinaggio da Papa)