Anno 2002 - Numero 1 (gennaio)


  1. OPERARE PER LA COMUNITÀ È OPERARE PER L'UMANITÀ
  2. IL FRUTTO DELL'ALLEANZA - La vita fraterna nella comunità
  3. PELLEGRINAGGIO NELLA TERRA DI ABRUZZO - 14 ottobre 2001
  4. INCONTRO DEL SANTO PADRE CON LE FAMIGLIE - 20 ottobre 2001

OPERARE PER LA COMUNITÀ È OPERARE PER L'UMANITÀ

Questo numero del notiziario porta il titolo di una frase di Jean Vanier tratta dal suo celebre libro "La comunità - luogo del perdono e della festa".
Finché ci saranno paure e pregiudizi nel cuore degli uomini, ci saranno guerre e disuguaglianze palesi. Per risolvere i grandi problemi politici occorre anzitutto cambiare i cuori. La comunità è il luogo di vita che permette agli uomini di essere persone, di guarire e di crescere nella loro affettività profonda, avanzando verso l'unità e la liberazione interiore. Quando diminuiscono le paure e i pregiudizi, la fiducia in Dio e negli altri aumenta, e la comunità può risplendere e rendere testimonianza a uno stile e a una qualità di vita che risolveranno i disordini del nostro mondo. La risposta alla guerra è vivere come fratelli e sorelle; la risposta alle disuguaglianze è la condivisione; la risposta alla disperazione è una fiducia e una speranza senza limiti, la risposta ai pregiudizi e all'odio è il perdono.
Sì, operare per la comunità è operare per l'umanità. La pace è operare per una soluzione politica vera, è operare per il Regno di Dio; è operare perché ogni persona possa gustare e vivere le gioie segrete dell'unione all'eterno.

IL FRUTTO DELL'ALLEANZA: La vita fraterna nella comunità

Abbiamo visto nel precedente numero di Jasna Gora (n. 4/2001) i concetti biblici che stanno dietro all'alleanza. In questo numero, lasciandoci sempre guidare dal nostro fratello Tarcisio Mezzetti (L'Alleanza: una sfida proposta da Dio, a cura di Venite e Vedrete), considereremo invece gli effetti pratici e le conseguenze reali che ne derivano. Per la Tradizione lasceremo parlare molto Sant'Agostino, fondatore di comunità monastiche costituite da laici e, per il Magistero faremo riferimento a un importante documento della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, dal titolo in italiano "La vita fraterna in comunità". Questo documento può interessare le Comunità del Rinnovamento Carismatico Cattolico per un buon 90%.
La meditazione si svilupperà in due parti: una prima atta a definire che cos'è una comunità che nasce dall'alleanza ed una seconda che darà dei flash sulla vita fraterna in comunità così come sgorgano dalla esperienza dell'alleanza.

Comunità, come distinta da massa, organizzazione, collettività e società

Le aggregazioni mondane che si conoscono sono: la massa, l'organizzazione, la società funzionale e la collettività.
Nella massa il singolo non ha alcun specifico valore; è come un atomo trascinato dal tutto ed a sua volta inconsciamente trascina come parte di un sistema di forze.
Nell'organizzazione il singolo non è una individualità, ma un funzionario; l'organizzazione non fa appello al valore della persona, ma solo all'adempimento della funzione.
La società funzionale è improntata dallo stesso spirito. Ognuno conta per il suo contributo al fine che è stato arbitrariamente posto: nessuno è insostituibile, e quando uno muore non conta più: "Ben altrimenti avviene nella comunità: il padre che muore resta sempre una realtà altamente significativa nella famiglia; senza di lui questa non si può neppure pensare" (Bernhard Haring, La legge di Cristo).
La collettività non è che la degradazione della forma comunitaria della società a pura organizzazione. Il collettivismo è infatti il pericolo più grande in cui incorre ogni nostra comunità allorché dimentica due cose fondamentali:

La comunità infine, malgrado l'abuso che viene fatto oggi di questo nome, non è di origine umana, ma divina, ed i suoi valori non sono valori mondani o carnali, ma spirituali. Nella comunità la vita si svolge tra personalità autonome e libere che, nello stesso tempo, si apprestano a formare il Corpo mistico di Cristo nell'unità perfetta. Ognuno può aprirsi ed arricchirsi con l'altro mediante la donazione reciproca, perché ogni persona porta come dono la ricchezza della propria personalità. Questa è la comunità: unico luogo in cui sia possibile vivere una vita pienamente cristiana.

Il singolo ed il "Corpo mistico di Cristo"

La comunità ha un essere suo proprio che non è uguale alla somma dei suoi componenti, ma è una realtà che sta dinanzi a Dio come un tutto e come tale viene amata da lui, anche se il suo amore si dirige alle persone singole che si sono radunate insieme per amore di Cristo. La comunità è il "Corpo mistico di Cristo", quindi non ha solo un centro di autorità espresso in uno o più dei suoi membri, ma ha Cristo come centro direttivo e dinamico di tutta la vita e dell'agire della comunità. Cristo agisce su ciascun membro del suo Corpo mistico chiedendo a ciascuno amore e obbedienza e orientando tutti verso la costruzione della comunità.
Una comunità tutta fatta di perfetti imitatori di Cristo trasmetterebbe l'immagine perfetta del Corpo mistico di Cristo. Per questa comunità Gesù ha pregato il Padre dicendo: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Gv. 17, 20-23).

La missione della comunità si compie solo quando questa tende con tutte le sue energie a ricevere la grazia di Dio per diventare la comunità dei "somigliantissimi" al Signore. Come frutto di questa assidua e perseverante imitazione di Cristo si sprigiona nella comunità quella fragranza spirituale di Cristo che si diffonde nella Chiesa e nel mondo e che ne manifesta la presenza e la divinità.

Il peccato nella Comunità

La comunità porta in sé non solo lo splendore della luce di Cristo, ma anche la colpa ed il peso del peccato e della defezione di ogni singolo membro, specialmente poi quando la defezione di uno è provocata dalla colpa di altri.
Dice B. Haring nel libro citato: "...la Chiesa è santa, e come tale non può peccare. Il peccato è sempre azione dei singoli. Il membro colpevole è, secondo la misura della sua responsabilità, sorgente prima della colpa. Ma nel suo peccato, e più ancora nella sua defezione involontaria, che colpisce la comunità come una diminuzione di valore, concorrono forse molti altri, facendo il male ed omettendo il bene. C'è qualcosa di estremamente misterioso nella reciprocità dei diversi soggetti nel bene morale e nel funesto influsso che la colpa esercita a distanza e per largo tratto in seno alla comunità. Dalla constatazione di queste verità sorge in noi una profonda riconoscenza verso la comunità, che ci rende possibile il bene, e soprattutto una riconoscenza a Cristo, in un sentimento di profonda umiltà. Ma accanto alla gioia per la sovrabbondanza del bene deve sorgere anche un terribile spavento per l'enorme influsso esercitato dal male. Esso penetra nel centro stesso dell'umanità: in Cristo, che si lascia schiacciare dal peso dei nostri peccati, benché incapace, Egli stesso, di qualsiasi colpa".
Anche per questa terribile ragione San Paolo scrive che: "...se un membro soffre tutte le membra soffrono insieme" (1 Cor. 12,26).

La vita fraterna e la "grazia"

Il documento della Congregazione Vaticana che abbiamo citato comincia così: "L'amore di Cristo ci ha riunito per diventare una cosa sola, un gran numero di discepoli, perché come Lui e grazie a Lui, nello Spirito, potessero, attraverso i secoli rispondere all'amore del Padre, amandolo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.......Nate non da volontà della carne e del sangue, non da simpatie personali o da motivi umani, ma da Dio, da una divina attrazione, le comunità..... sono segno vivente del primato dell'amore di Dio che opera le sue meraviglie, e dell'amore verso Dio e verso i fratelli, come è stato manifestato e praticato da Gesù Cristo".
Quindi il primo concetto da far comprendere a chiunque voglia far parte di una comunità è che questa è "opera di Dio" e non umana e quindi tutto in essa: la vita, la regola, l'autorità, la direzione, ecc., deve essere posto da sempre e per sempre sotto la guida dello Spirito. Ciò farà sì che ogni comunità avrà come scopo primario ciò che Sant'Agostino pone all'inizio della sua Regola: "Fratelli carissimi, si ami anzitutto Dio e quindi il prossimo perché sono questi precetti che ci vennero dati come fondamentali". Non si può non essere in accordo con questa dichiarazione che fa della carità il fine, il mezzo ed il centro della vita della comunità.

L'amore spinge al sacrificio

L'amore è la radice di ogni attività cristiana ed è anche il rapporto che nell'alleanza ci lega inseparabilmente a Dio, generando in noi una continua ed insaziabile sete di ciò che è eterno, ma, dice Sant'Agostino, è anche la forza che rende leggere le cose pesanti e facili le cose difficili, per questo è uno dei punti di forza di una comunità, che ha anche degli impegni: "Quello che importa....è sapere ciò che si ama, perché quando una cosa la si fa per amore o non si sente la fatica o si ama di sentirla". Da questo concetto di amare ciò che si fa e la scelta di vita comunitaria che è stata fatta nasce l'obbedienza al comando di Paolo: "Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo" (Gal. 6,2).
L'uomo vecchio desidera sì la comunione e l'unità, ma non intende e non si sente di pagarne il prezzo, in termini di impegno e di dedizione personale. Il cammino che va dall'uomo vecchio, che tende a chiudersi in sé, all'uomo nuovo, che si dona agli altri, è lungo e faticoso. I santi fondatori hanno insistito realisticamente sulle difficoltà e sulle insidie di questo passaggio, consci com'erano che la comunità non la si improvvisa. Essa non è cosa spontanea né realizzazione che richieda breve tempo. Per vivere da fratelli e da sorelle è necessario un vero cammino di liberazione interiore. Come Israele, liberato dall'Egitto, è diventato popolo di Dio, viene costruita da persone che Cristo ha liberato e ha rese capaci di amare alla maniera sua, attraverso il dono del suo Amore liberante e l'accettazione cordiale delle sue guide. L'amore di Cristo diffuso nei nostri cuori spinge ad amare i fratelli e le sorelle fino ad assumerci le loro debolezze, i loro problemi, le loro difficoltà. In una parola: fino a donare noi stessi.

L'amicizia

Nelle comunità l'amicizia deve avere fonti soprannaturali: deve scaturire dalla carità, che è la virtù che ama, rispetta e venera nell'altro quel tempio di Dio di cui parla San Paolo: "Tutti dunque vivete unanimi e concordi e, in voi, onorate reciprocamente Dio di cui siete fatti tempio" (cfr. 2 Cor. 6,16).
Sant'Agostino scrive della prima comunità cristiana di Gerusalemme: "Erano come legni secchi che ardevano nella Chiesa di Gerusalemme per il fuoco dello Spirito Santo quando avevano un cuore solo ed un'anima sola protesi verso Dio" ed è proprio così, questo è il segreto del successo: la concordia fraterna non frutto di coincidenza di interessi o di uguaglianza di sentimenti o di simpatia naturale, ma è frutto della carità con cui amiamo Dio e, per amore di Dio, il prossimo.

L'alleanza: un nuovo monachesimo?

Mentre il dissenso produce le divisioni: "... la carità produce l'accordo, l'accordo genera l'unità, l'unità mantiene la carità, la carità conduce alla gloria". Da questo accordo che genera l'unità, dice Agostino, proviene il nome di "monaco": "Monos vuol dire uno....Dunque coloro che vivono insieme, in modo da formare un solo uomo, in modo che di loro si possa dire ciò che è scritto: "avevano un'anima sola e un cuore solo"; che sono cioè molti corpi, ma non molte anime, molti corpi, ma non molti cuori, giustamente si possono dire monos, cioè uno solo".

La comunità: luogo dove si diventa fratelli

Dal dono della comunione scaturisce il compito della costruzione della fraternità, cioè del diventare fratelli e sorelle in una data comunità dove si è chiamati a vivere assieme. Dall'accettazione ammirata e grata della realtà della comunione divina che viene partecipata a delle povere creature, proviene la convinzione dell'impegno necessario per renderla sempre meglio visibile attraverso la costruzione di comunità "piene di gioia e di Spirito Santo" (At. 13,52).
L'ostacolo più grande nel costruire la comunità è sempre quello di non staccarsi dai modelli aggregativi terreni, carnali e mondani. Costruire comunità "piene di gioia e di Spirito Santo" dovrebbe essere il nostro compito primario, ma bisogna ricordarsi che il frutto della carità è la concordia, frutto della concordia è l'unità e frutto dell'unità è la gioia che ci fa cantare: "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!....Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre" (Sal. 133, 1-3).

La crescita nella vita fraterna

L'ideale comunitario non deve far dimenticare che ogni realtà cristiana si edifica sulla debolezza umana. La comunità ideale perfetta non esiste ancora: la perfetta comunione dei santi è meta nella Gerusalemme celeste. Il nostro è il tempo della edificazione e della costruzione continua: sempre è possibile migliorare e camminare assieme verso la comunità che sa vivere il perdono e l'amore. Le comunità infatti non possono evitare tutti i conflitti. L'unità che devono costruire è una unità che si stabilisce al prezzo della riconciliazione. La situazione di imperfezione delle comunità non deve scoraggiare. Una comunità infatti ha un continuo bisogno di crescere nell'essere comunità, ma queste difficoltà dovrebbero farci capire che non tutti sono adatti a vivere la comunità, perché questa vita è oggettivamente difficile e, dice il documento vaticano: "Ci possono essere pure situazioni diverse in cui l'autorità deve far presente che la vita in comune richiede talvolta sacrificio e può diventare una forma di "maxima penitentia".
La comunità per esistere ha bisogno di tanta grazia che scenda da Dio, oltre che dell'impegno di tutti ad assecondare questa grazia nella propria conversione personale. Il cammino comunitario si deve quindi nutrire di uno studio sempre più serio e profondo della Scrittura, di tanta preghiera personale e comunitaria, e soprattutto dell'Eucaristia quotidiana.
Per favorire la comunione degli spiriti e dei cuori di coloro che sono chiamati a vivere assieme in una comunità, sembra utile richiamare la necessità di coltivare le qualità richieste in tutte le relazioni umane: educazione, gentilezza, sincerità, controllo di sé, delicatezza, senso dell'umorismo e spirito di condivisione. La preghiera è la base reale della vita comunitaria; le comunità più apostoliche e più evangelicamente vive sono quelle che hanno una ricca esperienza di preghiera. L'Eucaristia quotidiana è la cosa più importante per far vivere e crescere la comunità. "E' infatti attorno all'Eucaristia, celebrata o adorata, vertice e fonte di tutta l'attività della Chiesa, che si costruisce la comunione degli animi, premessa per ogni crescita nella fraternità. E' qui che deve trovare la sua origine ogni tipo di educazione allo spirito di comunità.

Conclusione

Il mare senza fine e senza fondo dell'amore di Dio si rivela proprio nel concetto di alleanza e questa scoperta ci conduce, in realtà e sempre più, verso la costruzione della comunità cristiana per due ragioni: perché scopriamo che: "Ci ha radunati in una sola cosa l'Amore di Dio", e che da questo riunirci in una cosa sola si sprigiona la forza e la grazia divina della nostra missione e diventano reali le parole della preghiera di Gesù al Padre: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.........E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro" (Gv. 17, 20-26).

PELLEGRINAGGIO NELLA TERRA DI ABRUZZO - 14 ottobre 2001

La Comunità, edificata dalle significative e preziose esperienze maturate spiritualmente durante i pellegrinaggi compiuti nell'anno giubilare (Chiusi della Verna e San Giovanni Rotondo) ha voluto quest'anno dare un seguito all'iniziativa organizzando per l'intera giornata di domenica 14 ottobre 2001 un altro pellegrinaggio; destinazione l'Abruzzo, visita a due santuari di grande fama quali: il Miracolo Eucaristico di Lanciano situato nella provincia di Chieti, e quello di San Gabriele dell'Addolorata posto nel mezzo dell'imponente catena montuosa del Gran Sasso, nella provincia di Teramo. Abbiamo iniziato la giornata, dandoci appuntamento verso le sei del mattino dinanzi la parrocchia. Numerosa è stata la partecipazione dei fratelli, molti dei quali hanno portato con sé i propri familiari, parenti ed amici. In totale hanno aderito 75 persone che hanno viaggiato grazie ad un confortevole pullman a due piani. Abbiamo affidato il nostro pellegrinaggio recitando il S. Rosario accanto a lodi festose. La giornata era splendida, piena di sole; la prima tappa prevedeva l'arrivo a Lanciano dove ci siamo recati subito al Santuario per assistere alla S. Messa domenicale.
Da oltre dodici secoli, a Lanciano, è conservato il primo e più importante Miracolo Eucaristico della Chiesa Cattolica. Tale prodigio avvenne verso la metà del secolo VIII d.C., nella chiesa di San Legonziano, per il dubbio di un monaco basiliano sulla presenza reale di Gesù nell'Eucaristia. Durante la celebrazione della Santa Messa, fatta la doppia consacrazione, l'ostia diventò Carne viva e il vino si mutò in Sangue vivo, raggrumandosi in cinque globuli irregolari e diversi per forma e grandezza. L'Ostia-Carne, come oggi si osserva molto bene, ha la grandezza dell'ostia grande attualmente in uso nella Chiesa latina, è leggermente bruna e diventa tutta rosea se osservata in trasparenza. Il Sangue è coagulato, di colore terreo, tendente al giallo-ocra. La Carne dal 1713 è conservata in un artistico ostensorio d'argento, finemente cesellato, di scuola napoletana. Il Sangue è contenuto in una ricca e antica ampolla di cristallo di Rocca.
Il fenomeno del Miracolo Eucaristico è stato sottoposto ad una serie di ricognizioni: ecclesiastiche condotte sin dal 1574 e scientifiche condotte in particolare dal 1970. Queste attraverso varie ed accurate analisi eseguite con il massimo rigore scientifico dal Prof. Odoardo Linoli, docente in Anatomia, in Chimica e Microscopia clinica, coadiuvato dal Prof. Ruggero Bertelli dell'Università di Siena documentate da diverse fotografie scattate dal microscopio hanno testimoniato con assoluta certezza che:

Si può definire questo fatto prodigioso come il più grande mistero perché esso rappresenta la più alta espressione dell'Amore di Dio rivelatosi all'umanità per mezzo del Figlio Gesù Cristo: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la Vita Eterna" (Gv. 3, 16).
Terminata questa visita ci siamo diretti verso il nord dell'Abruzzo, precisamente abbiamo raggiunto Giulianova, una località marina in provincia di Teramo. L'ospitalità ci è stata concessa presso il Monastero della Congregazione dei Monaci Benedettini-Silvestrini. La casa, poco distante dal mare, posta in una leggera quota, ci offriva un bellissimo panorama. L'accoglienza da parte dei monaci è stata sorprendente. Ci hanno offerto un pranzo ricco e delizioso, successivamente una breve passeggiata sulla spiaggia ci ha ritemprati fisicamente prima della ripresa del viaggio. Il santuario di San Gabriele ci si è presentato innanzi nella pura bellezza di una perla preziosa incastonata nella stupenda cornice del Gran Sasso. Esso è una straordinaria opera d'arte uscita dalle mani di Dio. Nell'area sono presenti la prima basilica inizialmente costruita nel 1216 come chiesa e convento. Nel corso dei secoli essa ha subito varie trasformazioni e restaurazioni. Nell'elegante chiesa ricca di affreschi attualmente è collocata l'urna contenente il corpo del Santo. Vi è presente, come ricordato, il convento antico con un chiostro costruito ai tempi di San Francesco d'Assisi che vi transitò nel 1215. Data l'importanza degli eventi accaduti nell'arco degli ultimi due secoli, in particolare grazie ai prodigi compiuti dal Santo dopo la sua morte, un crescente afflusso di turisti e pellegrini ha fatto nascere la necessità di costruire un nuovo santuario decisamente più ampio. Nel 1985 fu inaugurato da Papa Giovanni Paolo II il nuovo santuario costruito a partire dal 1970 proprio a fianco della prima basilica. Esso è un enorme costruzione in cemento bianco ed acciaio che può contenere oltre diecimila persone. Tra le sue principali caratteristiche, oltre agli ampi spazi destinati all'accoglienza di pellegrini e turisti, nonché uffici ed altre sale, è presente la Cripta del Santo davanti alla quale ci siamo raccolti in profonda preghiera.


Foto di gruppo della Comunità scattata al Monastero dei Benedettini-Silvestrini presso Giulianova

San Gabriele dell'Addolorata (Francesco Possenti) è uno dei santi più popolari del mondo. Nacque ad Assisi il 1° marzo del 1838, rimase orfano di madre a quattro anni e con la famiglia si trasferì a Spoleto dove visse fino diciotto anni. Era vivace ed intelligente, ebbe una splendida carriera scolastica, era il leader delle compagnie giovanili, amava vestire sempre alla moda, godeva fama di ballerino ma...... non scendeva mai a compromessi morali e non trascurava i suoi doveri cristiani. Francesco era tuttavia un giovane inquieto che più volte aveva promesso di farsi sacerdote. Il 22 agosto 1856 durante la processione della Sacra Icona di Spoleto, la Madonna lo invitò per l'ultima volta parlandogli al cuore: "Tu non sei fatto per il mondo; che fai nel mondo? Presto fatti religioso!". Il 10 settembre 1856 entrò nel noviziato dei passionisti di Morrovalle (MC). Cambiò il nome in Gabriele dell'Addolorata in onore di Maria. La scelta della vita religiosa fu radicale. Si buttò in essa anima e corpo da innamorato. Gli ultimi due anni e mezzo li trascorse nel convento di Isola del Gran Sasso dove "sul levar del sole" del 27 febbraio 1862 morì di tubercolosi. La sua fu una vita semplice, senza grandi gesta, contrassegnata dall'eroicità del quotidiano e dalla devozione al Crocifisso e a Maria.
Questo fu il segreto della sua santità: "Quel ragazzo ha lavorato col cuore". La sua fama cominciò nel 1892 quando vennero riesumate le sue spoglie e si verificarono i primi prodigi. Venne dichiarato beato nel 1908 e proclamato santo nel 1920. Nel 1926 divenne compatrono della gioventù cattolica italiana.
Il sole stava per tramontare quando siamo risaliti sul nostro pullman, eravamo stanchi ma sereni perché avevamo posto la nostra vita, con tutte le nostre certezze e speranze, prima nel cuore di Cristo, poi ai piedi del Santo. Molte lacrime hanno rigato il volto di alcuni genitori che sicuramente avevano deposto il cuore dei loro figli nelle mani del Santo Gabriele certi che ancora oggi la santità è possibile anche in una vita apparentemente vissuta nella normalità e quotidianità. Vogliamo ringraziare il Signore che ci chiama continuamente a seguire le orme ed a calcare la terra percorsa dai suoi santi nella speranza che anche noi possiamo elevare i nostri cuori fino a raggiungere le vette più alte della santità.
Ciò che è impossibile agli uomini non è impossibile a Dio. Amen! Alleluja!

INCONTRO DEL SANTO PADRE CON LE FAMIGLIE - 20 ottobre 2001

A seguito del Grande Giubileo celebrato lo scorso anno il Santo Padre anche quest'anno ha voluto incontrare le famiglie per confermare il loro cammino e per fissare lo sguardo su Gesù Cristo. Anche la nostra comunità ha voluto rispondere alla sua chiamata, l'incontro era a Piazza San Pietro nel pomeriggio di sabato 20 ottobre. Per prepararci a questo grande momento il Comitato Nazionale del RnS ha convocato nella mattinata dello stesso giorno le famiglie aderenti al movimento, luogo la stupenda basilica di San Paolo, scopo un incontro di preghiera per invocare la potenza dello Spirito Santo su tutti coloro che sarebbero intervenuti all'evento.
Vivere la potenza della lode nella prima parte della giornata si è rivelata una grande benedizione. Don Dino Foglio, assistente spirituale del RnS, ci ha fatto fissare lo sguardo sulla Sacra Famiglia di Nazareth indicandola come modello. La preghiera è poi salita al cielo per le famiglie in difficoltà, quelle colpite dalla guerra, per le nostre famiglie ed infine per la grande famiglia rappresentata dalla Chiesa. Lo sguardo poi si è fermato ai consacrati, alle vedove ed alle persone sole, dove il Signore sicuramente è presente in maniera attenta e particolare.
Molta parola ci è stata donata durante la preghiera di guarigione, molti cuori affranti per le divisioni familiari hanno potuto provare conforto nell'amore e nella pace di Dio. L'assemblea si è poi incamminata verso San Pietro pronta a vivere un incontro di grande festa con il Santo Padre. Malgrado la stanchezza si facesse sentire ci siamo trovati immersi in un clima di festa, di gioia, pieno di canti, musiche, preghiere, testimonianze, anche i bambini a modo loro cercavano di partecipare con pianti e passeggini colorati. Nella prima parte del pomeriggio si sono alternate sul sagrato famiglie provenienti da diverse realtà ecclesiali, le loro testimonianze ci hanno profondamente toccati.
Verso le ore 18 l'esultanza di 40-50 mila persone ha accolto l'entrata del Santo Padre nella piazza. Il suo discorso sempre molto accurato e sentito ci ha proposto tre punti di riflessione:

  1. In quale famiglia credere?
  2. Perché credere nella famiglia?
  3. Chi deve credere nella famiglia?

Ci ha ricordato che noi dobbiamo credere nella famiglia se non altro perché Dio crede fermamente nella famiglia. Fin dall'inizio dal "principio" creando l'essere umano a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina, ha voluto collocare al centro del suo progetto la realtà dell'amore tra l'uomo e la donna (cfr. Gn. 1,27), continuava ancora mettendo il fuoco di Dio nel nostro cuore: "Sì, care famiglie, lo sposo è con voi!". Da questa presenza accolta e corrisposta scaturisce quella particolare e straordinaria forza sacramentale che trasforma la vostra intima unione di vite in segno efficace dell'amore tra Cristo e la Chiesa e vi pone come soggetti responsabili e protagonisti della vita ecclesiale e sociale".


I fratelli della Comunità presenti a Piazza San Pietro in Vaticano per l'Incontro del Santo Padre con le famiglie

Se Dio crede in te, tu famiglia credi in ciò che sei? Credi nella tua vocazione ad essere segno luminoso dell'amore di Dio? Nel mondo di oggi si registrano opinioni diverse, visioni distanti e quanto mai pericolose sul concetto di famiglia. Bisogna per il bene dello Stato e della Società tutelare la famiglia basata sul matrimonio perché essa è la principale fonte di speranza per l'umanità. Famiglia intesa come luogo di unione ed autentica solidarietà.
Il Papa ha poi rivolto parte del discorso ai frutti della famiglia, ai figli, auspicando per loro un futuro migliore ed un sistema scolastico ed educativo che abbia il suo centro nella famiglia e nella sua libertà di scelta.
Il suo messaggio è stato rivolto anche ai mezzi di comunicazione di cui tante famiglie denunciano il crescente degrado perché sempre meno si preoccupano di garantire e salvaguardare i diritti dei minori.
Ha infine come sempre invitato a guardare e affidare alla Vergine Maria, rappresentata dalla Madonna di Loreto, ogni nostro sforzo, invocando la sua Celeste protezione. Le sue parole più care sono state quelle in cui ci ha ricordato che il Papa prega per noi e di gran cuore ci benedice insieme ai nostri figli.
A conclusione di questa giornata donataci dall'Amore di Dio possiamo testimoniare che il Signore ci aveva parlato in maniera molto chiara e ferma dicendoci cosa in effetti volesse da noi come coppie e famiglie e cioè il nostro continuo e sincero (ECCOMI).